Estratto da: Wanda Muggia – Natalia – Editrice
Nuovi Autori - 1999
L’ESODO
GIULIANO–DALMATA: UNA TESTIMONIANZA
… con il trattato di pace, gli
Alleati avevano deciso delle nostre sorti, quindi la città di Pola passava
sotto la Yugoslavia e noi italiani dovevamo decidere se rimanere sotto il
dominio di Tito o andare via da Pola.
Intanto la manifattura tabacchi
cominci a smontare tutti i macchinari e
a trasferirli nelle varie città d’Italia; quindi mia madre decise di lasciare
Pola.
Ma prima di lasciare la città,
mia madre volle trasferire la salma di mio fratello Vitaliano (morto il 18
agosto 1946 nell’eccidio di Vergarolla) a Trieste, non voleva lasciare i suoi
resti in terra straniera. And al Comune
di Pola a chiedere aiuto per il trasporto della salma e la possibilità di avere
una vera cassa da morto zincata, e non quella provvisoria nella quale era stato
seppellito. Povera mamma, mi raccont
piangendo che un uomo del comitato le aveva detto: “Signora, una bocca
da sfamare in meno”. E’ triste ricordare tutti questi particolari.
Comunque, dopo questo fatto
dolorosissimo, desidero trascrivere cosa mia mamma dovette firmare:
AL CONSOLATO GENERALE DEL R.F.P.J. MILANO
Io sottoscritta, nata a Visinada il giorno
25-12-1908 dichiarando che il giorno 10
giugno 1940 ero stabilmente domiciliato e residente a Pola come cittadino
italiano, dichiarando che avevo conservato
il giorno 15 settembre 1947 la mia cittadinanza italiana, dichiarando che la lingua italiana è la mia lingua d’uso e cioè la
lingua parlata e scritta abitudinariamente nei miei rapporti familiari e sociali, a nome mio e dei miei figli sotto
elencati, presa conoscenza dell’art. 19 del Trattato di Pace fra l’Italia e le
Potenze Alleate, VISTA la legge n. 2298
emanata in Belgrado il 2 dicembre 1947 e il regolamento n. 813 emanato a
Belgrado il 15 dicembre 1947 pubblicato il 24 successivo, a conoscenza delle
facilitazioni accordate per i residenti fuori dal territorio della R.F.P.J., affermo e dichiaro essere mia volontà di
avvalermi delle disposizioni di cui sopra, avendone per le stessi leggi pieno
diritto, e pertanto con questa dichiarazione redatta in duplice esemplare
SOLENNEMENTE OPTO
a
nome mio (e dei miei figli minori soprascritti) per la CITTADINANZA ITALIANA.
E con questo, ai primi del mese
di febbraio 1947 lasciammo la città di Pola, imbarcati sulla nave ospedaliera
Toscana. La nostra partenza fu desolante, c’era una lunga fila di persone con i
relativi bagagli che attendeva di salire a bordo. Per l’ultima volta guardammo
la città coperta di neve e poi partimmo.
La nostra destinazione era il
porto di Ancora, poi avremmo preso il treno per raggiungere la località in cui
mia mamma doveva essere riassunta in manifattura come di diritto.
Il nostro arrivo ad Ancona fu
triste e commovente. Al porto c’erano moltissime persone che attendevano il
nostro arrivo con le bandiere italiane,
un motoscafo sul quale, a detta di qualcuno, era imbarcato un Ammiraglio che ci
dava il benvenuto, girava intorno alla nave mentre suonavano le sirene. Noi
credevamo di vivere in un altro mondo.
Giovane esule italiana in fuga trasporta, insieme ai suoi effetti personali, un tricolore. |
Una bimba
allo sbarco a Trieste |
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